La pioggia e l’arcobaleno

Dopo un lungo periodo di battaglie, che videro boschi bruciati e case scoperchiate, finalmente la guerra finì. Si esaurì da sola, sgonfiandosi come un pallone bucato.

La gente scese per strada impaurita , a piccoli e lenti passi, e cominciò sommessamente a parlare, e poi a ridere. Si presero tutti per mano e iniziarono a cantare. Si sentivano persi, ma una sottile euforia , un po’ confusionale, si stava insinuando in loro.

Videro un angelo arrivare dal cielo e posarsi sul pallone gigante ormai sgonfio, al centro della piazza della città. L’angelo era fiero e fulgente, di una bellezza unica, che da molto tempo non vedevano più. Non parlò, ma guardo tutti gli uomini e le donne profondamente e sorridendo da dentro.

Tutti in quell’istante erano in silenzio e comunicavano tra loro contemporaneamente.

L’angelo riprese il suo volo e mentre sbatteva le ali , iniziò una pioggia leggera e piacevole. Le persone non corsero via ma aprirono le mani e le braccia al cielo e ne godettero, ridendo e giocando. Famiglie, sconosciuti, animali si lasciavano lavare il capo, i volti, le mani da quell’acqua miracolosa.

D’improvviso, l’arcobaleno. Le persone guardarono il cielo e salutarono l’angelo ormai lontano cantando insieme Somewhere Over The Rainbow.

[ Un arcobaleno stupendo è arrivato fuori dalla mia finestra terminate queste parole].

Il profeta ribelle

il-donatore-film
Il film The Giver ( = il donatore) esce nel 2014 ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Lois Lowry del 1993.

Siamo in un ipotetico futuro in cui l’umanità vive un’esistenza omologata, regolata da  una serie di regole che eliminano diversità e conflitti: la “comunità” conduce un’esistenza di pace apparente in cui emozioni e istinti sono sopiti grazie un’iniezione mattutina, volontaria e obbligatoria.  Tutti sono controllati attraverso la tecnologia dal consiglio degli anziani e chi non risponde a determinati criteri sociali viene ” congedato”, ossia eliminato. Per perpetrare il sistema, però , gli anziani hanno bisogno di conservare le memorie del passato e scelgono Jonas, il giovane protagonista del film, come accoglitore di memorie della città. ( per la trama completa QUI).

Il film contiene molti echi e coincidenze con il periodo storico che stiamo vivendo. La prima motivazione addotta dal sommo anziano per non permettere libertà e desideri alle persone è la tutela della salute.  Se infatti le persone sentissero e avessero un pensiero autonomo e delle emozioni, arriverebbero sicuramente alla guerra e alla distruzione.

Lois Lowry The Giver

Jonas riesce a uscire dal sistema perché  il maestro a cui viene affidato  gli apre i canali del sentire e risveglia in lui le memorie di altri tempi e spazi in cui l’umanità ha vissuto. Jonas inizia a premere il pulsante che gli rilascia l’iniezione quotidiana di anestetico con una mela, anziché con il polso, e così, giorno dopo giorno, gli appare un nuovo mondo.  Il simbolo della mela è molto noto, è la tentazione della conoscenza. La mela è il veicolo che apre a Jonas una realtà diversa, perché il suo cuore e i suoi occhi iniziano ad aprirsi.

Il film è una soggettiva di Jonas, che ricomincia a vedere la realtà nella sua pienezza di colori, mentre tutti la vedono in bianco e nero. Jonas vuole condividere ciò che sente. Vuole decidere ma la sua strada è in salita. I droni che volano per la città ( ogni riferimento è puramente casuale;) ) controllano che le persone vivano nel distanziamento sociale, non abbiano contatti fisici stretti e si esprimano con una precisione di linguaggio asciutta e asettica. Non è concesso ” ti amo” ma solo ” ti stimo”. Le persone accettano tutto questo ? Sì, perché hanno dimenticato la loro origine, le memorie, sono assuefatte, anestetizzate dai farmaci e dalle regole e non sentono.

Ma Jonas chi è ? Jonas è un ragazzo scelto perché particolarmente coraggioso e con la capacità di vedere oltre. La storia dell’umanità è costellata di innumerevoli esempi in cui persone con queste caratteristiche non possono rispondere ai compiti assegnati dall’alto. Jonas è un nome biblico, è il Giona che visse nella balena. Ma perché finì là dentro? Perché Dio si arrabbiò con lui. Giona doveva portare un messaggio di Dio nella città di Ninive , in Assiria. Gli assiri non ne volevano sapere del Dio ebraico, avevano una cultura militare ed erano molto lontani culturalmente dal Dio astratto e unico del popolo di Jahvè. Jonas si rifiuta di eseguire l’ordine, fugge ai confini del mondo, e Dio lo punisce facendolo inghiottire dal mare. Jonas / Giona è quindi un ribelle, una persona che segue il proprio istinto e persegue un profondo e innato senso di umanità e giustizia.

Quello che ci viene detto ogni giorno oggi, nel 2020, è di delegare il nostro potere di ascolto del corpo, delle emozioni e del modo di vivere che ci piace per la ” tutela di noi stessi e degli altri “. Essere responsabili, ci dicono, significa proteggerci dagli altri e da noi stessi, annullando la  capacità di pensare autonomamente, di avere idee originali, e di scegliere come vivere e come morire.

Ma Jonas possiamo essere tutti noi, con gli occhi aperti e il cuore che spinge verso i nostri desideri.

Ligabue, La tua canzone

I sommersi e i salvati

Primo Levi ai tempi del Covid

 

Una signora cammina sul tratto di marciapiede della via in cui abita 150 metri, non di più, avanti e indietro, innumerevoli volte. Al di là del marciapiede la campagna, le carraie, un laghetto. Pensa dentro di sé” Sembrerò matta, però è giusto, sto nei 200 metri”.

Questa e altre regole di questi ci giorni mi hanno riportato alla mente un passo di un romanzo che ho amato molto, ” Se questo è un uomo ” di Primo Levi. Il capitolo 9 è intitolato ” I sommersi e i salvati “;  Levi fa un riflessione stupenda che già allora, a 13 anni, mi ha dato il senso profondo  di quanto la coscienza della propria umanità sia essenziale. Levi dice che il lager imponeva le regole senza senso, che rispondevano alla “lucida follia” nazista. Per l’autore la morte arrivava prima di tutto nella coscienza delle persone, che si dimenticavano la propria umanità e il proprio scopo.

Soccombere è la cosa più semplice: basta eseguire tutti gli ordini che si ricevono,

non mangiare che la razione, attenersi alla disciplina del lavoro e del campo.

L’esperienza ha dimostrato che solo eccezionalmente si può in questo modo durare più di tre mesi

e inoltre Vorremmo far considerare come il Lager sia stato, anche e notevolmente, una gigantesca esperienza biologica e sociale.

Secondo Levi nel campo ci sono due categorie di uomini: i sommersi e i salvati. I primi sono già morti interiormente, accettando tutto passivamente . I salvati invece sono coloro che hanno saputo trovare le “molte vie, aspre e impensate” per conservare sempre accesa una scintilla di umanità. Sui campi di concentramento si è detto moltissimo in questi anni, e sono diventati argomento d’elezione nelle scuole di ogni ordine e grado. Però un punto forse lo abbiamo perso, ed è la violenza psicologica perversa che veniva agita parallelamente a quella fisica, riducendo le persone a numeri, dando loro regole assurde, e considerando il loro corpo come un terreno di sperimentazione.

Le differenze con il presente sono enormi, per l’estrema esperienza del lager, ma la riflessione di Primo Levi mi porta a farmi delle domande.

Quando un ordine è senza senso, quale prezzo ha accoglierlo come vero dentro di noi? Quanta parte della nostra coscienza stiamo spegnendo mentre lo facciamo? E, con essa, a quanta vita stiamo rinunciando?

Chi sono, oggi, i sommersi e i salvati?

 

 

 

 

L’orizzonte è sempre al di là

L’orizzonte sul mare è uno dei soggetti che preferisco perché vi leggo l’infinito. Non è possibile tracciare una fine e un inizio, e, osservando con calma e intensamente, la visione si amplia sempre più.

L’orizzonte mi dà il senso dell’oltre, e mi suggerisce che in tutte le cose c’è sempre qualcosa al di là. 

Sono poi gli elementi che lo limitano a esaltarne la bellezza e la potenza. Persone , elementi naturali, barche, non solo lo riempiono di vita, ma sono dei confini che ne mostrano ancora di più la profondità.

Ce l’ha insegnato Leopardi con L’infinito, e continua a essere così ogni volta che lo guardo e non posso fare a meno di ritrarlo.

Questa foto è stata scattata esattamente un anno fa a Baleal, un luogo meraviglioso in cui gli amanti degli orizzonti sul mare possono appagare lo sguardo nutrire il proprio bisogno di bellezza.  Baleal è uno dei posti che ho visitato in cui ho avvertito forte la libertà.

Ascoltando Ti è mai successo, Negramaro. La parte sul mare, nella seconda strofa, è un planare della musica a pelo d’acqua.