Negazionista: chi era costui?

negazionista

Prendo spunto da un fatto di cronaca di ieri,  la chiusura di un’attività di ristorazione di Chivasso che resisteva ai DPCM , raccontato dal Corriere della Sera in questo modo

“Carabinieri, polizia e vigili urbani hanno posto sotto sequestro questa mattina la Torteria di via Orti, a Chivasso (To), sede nelle ultime settimane di numerosi aperitivi negazionisti e di continue violazioni alle norme anti Covid. Il sequestro è scattato su richiesta della Procura di Ivrea. L’intervento delle forze dell’ordine ha scatenato la reazione della titolare Rosanna Spatari che, come in altre occasioni, ha insultato i presenti. «Vergognatevi, la gente moriva anche prima. Sveglia!», ha urlato Spatari. Davanti al locale le forze dell’ordine hanno formato un cordone per tenere a distanza una trentina di negazionisti che protestano, la maggior parte senza mascherina. Non mancano le persone che invitano l’esercente a farsi da parte, ma la donna non sembra intenzionata ad allontanarsi. E non mancano i momenti di tensione. «Io lotto per i diritti umani, mi dovete rispettare», urla l’esercente.”

Ho una formazione umanistica, insegno Lettere e amo molto le parole della lingua italiana. Cosa significa questa parola tanto usata recentemente, “ negazionista”? L’accezione con cui viene usata dai mass media, come in questo caso, è “ colui/colei che nega l’esistenza del Covid”, sebbene pressoché nessuno dei cosiddetti negazionisti lo faccia. Il significato implicito a questo uso è “ colui/colei che nega ciò che viene raccontato riguardo al covid”. In realtà il termine“ negazionista” significa tutt’altro, e mi chiedo perché i giornalisti dell’emerito Corriere della Sera lo utilizzino in maniera tanto impropria. Se infatti cerco su un sito autorevole come treccani.it, trovo la seguente definizione di ” Negazionismo” 

 “Termine con cui viene indicata polemicamente una forma estrema di revisionismo storico, la quale, mossa da intenti di carattere ideologico o politico, non si limita a reinterpretare determinati fenomeni della storia moderna ma, spec. con riferimento ad alcuni avvenimenti connessi al fascismo e al nazismo (per es., l’istituzione dei campi di sterminio nella Germania nazista), si spinge fino a negarne l’esistenza o la storicità.”

Il termine dunque è diventato di uso corrente dopo la seconda guerra mondiale per indicare chi negava l’esistenza del genocidio ebraico o dei pesanti crimini dei regimi totalitari, tentando di lavare via ogni responsabilità. Quelli che oggi invece sono chiamati negazionisti agiscono in maniera esattamente opposta, ossia sottolineano e denunciano le azioni che lo Stato sta compiendo nei confronti dei cittadini sotto la “cupola” del Covid. Non negano affatto l’esistenza della malattia, né reinterpretano la sua diffusione tentando di cancellarla, ma cercano altresì di trovare i fatti reali al di là del racconto della televisione e della stampa mainstream. 

Prima del Covid chi si lamentava dell’operato del Governo o protestava in piazza per questioni come i disastri ambientali, la criminalità organizzata, i diritti dei lavoratori etc non era tacciato di “negazionismo”. Perché ora i giornalisti di una testata come Il Corriere della Sera o di molte altre come La Repubblica, Il Fatto Quotidiano..etc utilizzano proprio questa parola per indicare chi è in disaccordo con le azioni delle istituzioni?  A mio avviso, questo ha lo scopo di accostare chi si sta facendo delle domande sulla gestione dell’emergenza a coloro che negarono l’olocausto, “pubblicizzandole” quindi come irresponsabili e un po’ criminali e complici della situazione in cui ci troviamo.  Chi sono invece i veri complici ? Chi è in buona fede e ricerca la verità e chi invece vende racconti e favole adulterate? 

La pioggia e l’arcobaleno

Dopo un lungo periodo di battaglie, che videro boschi bruciati e case scoperchiate, finalmente la guerra finì. Si esaurì da sola, sgonfiandosi come un pallone bucato.

La gente scese per strada impaurita , a piccoli e lenti passi, e cominciò sommessamente a parlare, e poi a ridere. Si presero tutti per mano e iniziarono a cantare. Si sentivano persi, ma una sottile euforia , un po’ confusionale, si stava insinuando in loro.

Videro un angelo arrivare dal cielo e posarsi sul pallone gigante ormai sgonfio, al centro della piazza della città. L’angelo era fiero e fulgente, di una bellezza unica, che da molto tempo non vedevano più. Non parlò, ma guardo tutti gli uomini e le donne profondamente e sorridendo da dentro.

Tutti in quell’istante erano in silenzio e comunicavano tra loro contemporaneamente.

L’angelo riprese il suo volo e mentre sbatteva le ali , iniziò una pioggia leggera e piacevole. Le persone non corsero via ma aprirono le mani e le braccia al cielo e ne godettero, ridendo e giocando. Famiglie, sconosciuti, animali si lasciavano lavare il capo, i volti, le mani da quell’acqua miracolosa.

D’improvviso, l’arcobaleno. Le persone guardarono il cielo e salutarono l’angelo ormai lontano cantando insieme Somewhere Over The Rainbow.

[ Un arcobaleno stupendo è arrivato fuori dalla mia finestra terminate queste parole].

Il profeta ribelle

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Il film The Giver ( = il donatore) esce nel 2014 ed è l’adattamento cinematografico dell’omonimo romanzo di Lois Lowry del 1993.

Siamo in un ipotetico futuro in cui l’umanità vive un’esistenza omologata, regolata da  una serie di regole che eliminano diversità e conflitti: la “comunità” conduce un’esistenza di pace apparente in cui emozioni e istinti sono sopiti grazie un’iniezione mattutina, volontaria e obbligatoria.  Tutti sono controllati attraverso la tecnologia dal consiglio degli anziani e chi non risponde a determinati criteri sociali viene ” congedato”, ossia eliminato. Per perpetrare il sistema, però , gli anziani hanno bisogno di conservare le memorie del passato e scelgono Jonas, il giovane protagonista del film, come accoglitore di memorie della città. ( per la trama completa QUI).

Il film contiene molti echi e coincidenze con il periodo storico che stiamo vivendo. La prima motivazione addotta dal sommo anziano per non permettere libertà e desideri alle persone è la tutela della salute.  Se infatti le persone sentissero e avessero un pensiero autonomo e delle emozioni, arriverebbero sicuramente alla guerra e alla distruzione.

Lois Lowry The Giver

Jonas riesce a uscire dal sistema perché  il maestro a cui viene affidato  gli apre i canali del sentire e risveglia in lui le memorie di altri tempi e spazi in cui l’umanità ha vissuto. Jonas inizia a premere il pulsante che gli rilascia l’iniezione quotidiana di anestetico con una mela, anziché con il polso, e così, giorno dopo giorno, gli appare un nuovo mondo.  Il simbolo della mela è molto noto, è la tentazione della conoscenza. La mela è il veicolo che apre a Jonas una realtà diversa, perché il suo cuore e i suoi occhi iniziano ad aprirsi.

Il film è una soggettiva di Jonas, che ricomincia a vedere la realtà nella sua pienezza di colori, mentre tutti la vedono in bianco e nero. Jonas vuole condividere ciò che sente. Vuole decidere ma la sua strada è in salita. I droni che volano per la città ( ogni riferimento è puramente casuale;) ) controllano che le persone vivano nel distanziamento sociale, non abbiano contatti fisici stretti e si esprimano con una precisione di linguaggio asciutta e asettica. Non è concesso ” ti amo” ma solo ” ti stimo”. Le persone accettano tutto questo ? Sì, perché hanno dimenticato la loro origine, le memorie, sono assuefatte, anestetizzate dai farmaci e dalle regole e non sentono.

Ma Jonas chi è ? Jonas è un ragazzo scelto perché particolarmente coraggioso e con la capacità di vedere oltre. La storia dell’umanità è costellata di innumerevoli esempi in cui persone con queste caratteristiche non possono rispondere ai compiti assegnati dall’alto. Jonas è un nome biblico, è il Giona che visse nella balena. Ma perché finì là dentro? Perché Dio si arrabbiò con lui. Giona doveva portare un messaggio di Dio nella città di Ninive , in Assiria. Gli assiri non ne volevano sapere del Dio ebraico, avevano una cultura militare ed erano molto lontani culturalmente dal Dio astratto e unico del popolo di Jahvè. Jonas si rifiuta di eseguire l’ordine, fugge ai confini del mondo, e Dio lo punisce facendolo inghiottire dal mare. Jonas / Giona è quindi un ribelle, una persona che segue il proprio istinto e persegue un profondo e innato senso di umanità e giustizia.

Quello che ci viene detto ogni giorno oggi, nel 2020, è di delegare il nostro potere di ascolto del corpo, delle emozioni e del modo di vivere che ci piace per la ” tutela di noi stessi e degli altri “. Essere responsabili, ci dicono, significa proteggerci dagli altri e da noi stessi, annullando la  capacità di pensare autonomamente, di avere idee originali, e di scegliere come vivere e come morire.

Ma Jonas possiamo essere tutti noi, con gli occhi aperti e il cuore che spinge verso i nostri desideri.

Ligabue, La tua canzone

La primavera non aspetta

Quest’anno la primavera è arrivata in anticipo, alle 4:49 italiane del 20 marzo . Forse temeva nuove restrizioni, visti i tempi.

No, a parte gli scherzi,  la natura non sente la paura e la terra continua incessante il suo moto intorno al sole.  Ci ricorda che buio e luce non possono smettere di alternarsi, e sono parte della stessa identica sostanza.  Sono giorni difficili, ognuno nella propria reclusione forzata sta tirando fuori i propri scheletri dall’armadio. E’ un momento in cui la scelta si fa evidente, senza veli, tra la frequenza di vita e quella di morte, tra la luce e il buio. La mia poteva essere : scrivo questo articolo o con un clic mi lascio trascinare nel vortice oscuro dei media ?

Ieri mattina ho tenuto una videolezione ai miei studenti e abbiamo letto il libro sesto dell’Odissea:  in una meravigliosa isola del mar Ionio, la terra dei Feaci, la principessa Nausicaa dorme e riceve in sogno un messaggio che la porterà ad incontrare Ulisse, appena naufragato. I versi di Omero danzano intorno alla figura della bellissima ragazza: il libro è un inno alla delicatezza, all’armonia, al gioco, alla femminilità, all’amicizia. Si fondono le dimensioni del sogno e della realtà, vista nei suoi aspetti più luminosi, nello splendore della natura. Nausicaa va con le amiche a lavare le vesti alla foce di un fiume, vicino alla spiaggia e le amiche scherzano, curano il corpo, godono il momento con serenità, gioia, pace. I Feaci sono un popolo famosi soprattutto per la sua ospitalità, e accoglieranno Ulisse , lo straniero,  ascoltando a cuore aperto il suo racconto.

Le ancelle di Nausicaa sono paragonate alle Grazie, figure stupende della mitologia e che trovano tante rappresentazioni nell’arte . Ho mostrato ai ragazzi quella della “Primavera ” di Botticelli, vista la ricorrenza del 21 marzo. Osservare quel dipinto, con l’inverno grigio che soffia ma si deve mettere da parte, e il passo leggero e sicuro della Primavera, mi nutre il cuore. L’unica corona che voglio indossare in questi giorni  è quella di fiori della primavera che incede ad abbracciarci col suo tepore.

Spero che ospitalità, delicatezza, creatività, armonia si risveglino molto presto in ognuno di noi.  Nell’attesa accolgo a braccia aperte la nuova stagione, ascoltando Lucio Battisti, La collina dei ciliegi.

L’amore ai tempi del co****

Il titolo di questo post , come molti articoli di questi giorni, fa l’eco a quello di un meraviglioso romanzo di Gabriel Garcia Marquez, ” L’amore ai tempi del colera“.  In questo titolo colera è sintomo di tempesta, avversità, passaggio difficile. Il protagonista, Florentino Ariza,   vive ai tempi della diffusione nei Caraibi della malattia, ma questa sarà solo una delle prove che dovrà attraversare per abbracciare completamente la propria felicità e la donna che da sempre ama.

L’elemento più rivoluzionario del romanzo è la fede con cui Florentino vive i propri sentimenti. Si fida del proprio cuore, senza mai dubitare. Oggi sono spesso la velocità, il sensazionalismo e l’urgenza a prenderci la mano e a governare le nostre giornate.  Ai tempi del Co_Vid,  in cui il martellamento mediatico è incessante e ad altissimo volume, in cui ci viene chiesto di essere terrorizzati per un ipotetico nemico esterno, guardo Florentino. Mi voglio fidare come lui del cuore, della sua gentilezza, del suo esserci sempre, del battito regolare. Lì c’è un luogo sicuro, che nessuno può violare, dove risiede l’amore per noi stessi e per i nostri sogni.

E mai come in questi giorni, vivere Adesso

Le radici di noi

La Natura ci protegge e ci indica la via

La Natura ci protegge e ci indica la via

Osservare gli alberi è sempre una grande risorsa. Questo è uno Screw Pine, un pino australiano; ho scattato la foto in una baia del Queensland qualche mese fa. Mi avevano colpito le sue radici, così forti ed evidenti. In questo tempo di panico collettivo, in cui la paura di quello che potrebbe essere prevale nettamente su tutto quello che c’è,  c’è un’urgenza di sentire le nostre radici, di riprendere contatto con una visione più semplice, naturale, più autenticamente nostra della realtà. Un grande uomo, Giorgio Gaber, diceva che basterebbe pochissimo per sviluppare una nuova coscienza: “ Basterebbe smettere di piagnucolare, criticare, affermare, fare il tifo, e leggere i giornali. Essere certi solo di ciò che noi viviamo direttamente. Rendersi conto che anche l’uomo più mediocre, diventa geniale se guarda il mondo con i suoi occhi”

Auguro a tutti questo, di ritrovare i propri occhi perché hanno colori dentro che forse nemmeno abbiamo mai notato.

Il primo passo, grazie

 

Questo è il primo post del blog. 

Normalmente i ringraziamenti si lasciano alla fine di un’opera, dopo gli applausi o nell’appendice. 

Io vorrei invece ringraziare ora, all’inizio di questo blog,  tutte le persone e le cose che mi hanno permesso di essere  qui oggi a scrivere queste righe.

I poeti in passato invocavano la Musa di turno perché li guidasse nella composizione della loro opera.  Probabilmente era una preghiera che li aiutava a rimanere connessi con la propria scintilla divina e a non perdere di vista, nella fatica della scrittura, la luce dell’ispirazione. Il digitale e il web hanno cambiato la forma dello scrivere ma non la sua fonte. Per questo voglio iniziare proprio con un ringraziamento, perché qualcosa mi ha spinto a realizzare  il desiderio di creare questo spazio. Vorrei che questa luce, fatta di sogni e dell’affetto di persone care, rimanesse nel tempo con me e mi aiutasse a svelare la mia narrazione. 

Ho una vita prismatica, con tante facce, ognuna con un proprio riflesso. Sono una fotografa e un’insegnante di Lettere. So di avere innumerevoli difetti, soprattutto nel lato pratico della vita. Pero’ c’e’ una di quelle facce che lucido spesso e che mi piacerebbe condividere: credo che la vita sia un’esperienza densa, complessa, sfuggente, affascinante. Ogni incontro e qualunque giornata sono per me matrici di vite intere, inesauribili fonti di ispirazione, contenitori fantastici di storie interessanti. In un’epoca in cui ‘tutto e subito’,’ cotto e mangiato’ e ‘condividi’, il mio desiderio e’ raccontare piccole scintille di vita vissute in profondità. Credo che il tesoro più grande che possiamo avere non consista nella quantità di momenti collezionati, ma della qualità di ogni singolo momento, consapevoli che nella sua unicità contiene la nostra firma.

G R A Z  I E